Mi avvicino all’arte dello scolpire quasi per caso.  Non vi è alcuna iniziale passione verso la pietra né una precedente attitudine all’arte a farmi muovere in questa direzione.   Non frequento Scuole d’arte o Accademie artistiche ma imparo ad impugnare martello e scalpello nel laboratorio artigianale salentino “Petre” di Renzo Buttazzo.  Mai incontro fu così favorevole come questo, del 2000, con la pietra leccese e il suo maestro. E’ qui, infatti, che rimango affascinato dalla porosità e dalla duttilità di questa roccia calcarea che mi strega al punto da non poter fare a meno di svincolare forme uniche e sinuose dal blocco inerte; forme queste che traducono matericamente il mio stesso immaginario.   Ogni colpo che l’artista infligge al pezzo non tradisce alcuna esitazione.  La sicurezza e decisione nell’atto della creazione danno vita ad un gesto eroico volto a far emergere un capolavoro già esistente solo, ancora intrappolato in un pezzo di pietra color avorio. Difatti non schizzo le mie idee su carta, non creo preventivamente dei bozzetti sui quali poter correggere o ragionare ma sfido il blocco di pietra contando solo sulle sue mani e su ciò che da pensiero si tramuterà finalmente in straordinaria scultura.   Traggo ispirazione dalla natura e dalle sue ricche manifestazioni come alberi rocce e fossili… La pietra leccese, dunque, come mezzo di emulazione, come possibilità di creare una natura seconda. Natura seconda che rispecchia il mio modo di sentire e vivere quella reale.   Peculiarità del mio lavoro è quella di utilizzare unicamente mani, utensili vari e scalpelli, rifuggendo dall’ausilio di macchine che priverebbero ogni opera scultorea della propria unicità.